Helena Blavatsky e gli scandali della ciarlataneria spiritista teosofista (parte 2)
(→ continua dalla prima parte) Solo da questo momento, cioè poco prima del 1880, Olcott e Blavatsky cominciano a fare riferimento a presunti “messaggi astrali dei Mahâtmâ tibetani”, in realtà allegoria della normale corrispondenza con Dayânanda Saraswatî, l’unico dei Mahâtmâ con il quale hanno avuto effettivamente un serio rapporto.
Nel 1882 Blavatsky e Olcott si stabiliscono a Bombay, poi ad Adyar, vicino Madras, dove costituiscono la sede centrale della Società Teosofica a cui contribuiscono attivamente anche i vecchi soci del “Club à miracles”, cioè i coniugi Coulomb, e un prestigiatore di nome Babula. In questo luogo viene ripresentato tutto il campionario delle “materializzazioni” spiritiche ben note alla Blavatsky: <bicchieri rotti a volontà, tintinnio di campanelli invisibili, “apporti” e “materializzazioni” di oggetti di ogni sorta e soprattutto “precipitazioni” di comunicazioni trasmesse per via “astrale”> [da “Il Teosofismo, Storia di una pseudo-religione” di René Guenon]. E’ sempre ad Adyar che non casualmente si manifestano tutte le “precipitazioni” di messaggi dei Mahâtmâ.
Ma la stabilità a quanto pare non è mai stata una prerogativa dei teosofisti e anche la collaborazione con Dayânanda Saraswatî finisce presto. La storia si ripete ancora una volta e, analogamente alle precedenti, la Blavatsky viene accusata per l’ennesima volta di truffa e cialtroneria da Dayânanda Saraswatî in persona, che rompe l’alleanza nel 1882 sostenendo <che ella non conosce per niente la scienza occulta degli antichi Yogi e che i suoi sedicenti fenomeni non sono che frutto di magnetismo, di scaltri preparativi e di un’abile prestidigitazione>.
Come da triste prassi teosofista ormai consolidata, costui viene prontamente e opportunamente sostituito a sua volta con un nuovo maestro tibetano, famoso con lo pseudonimo di Koot Hoomi Lal Singh (o Kuthumi, o K.H.), che su “Le Monde Occulte” viene così descritto: <era un nativo del Panjab che era stato attratto dagli studi occulti fin dalla più tenera infanzia. Grazie ad uno dei suoi parenti, che era lui stesso un occultista, fu inviato in Europa per esservi istruito nella scienza occidentale; dopo si fece iniziare completamente alla scienza superiore dell’Oriente>.
Per ovviare all’incoerenza di questa iniziazione “occidentale” (difetto non di poco conto considerando che si parla di un presunto antico saggio della sapienza “orientale”), con estremo artificio ideologico si pretenderà come già assimilata nelle sue incarnazioni precedenti, che per altro si sostiene siano addirittura più di 800. Inutile ricordare che tra i detrattori dela Blavatsky (tra i suoi contemporanei ce n’erano molti più che oggi) c’è chi sostiene che anche questo Maestro teosofista, come del resto anche tutti i precedenti, sia solo il frutto della fantasia della Blavatsky, anche perché in effetti non esiste alcun documento storico che certifichi l’esistenza di questa persona al di fuori di quelli della stessa Blavatsky.
La cerchia interna teosofista in questo periodo è fortemente rinnovata. Blavatsky collabora con un certo Damodar K. Mavalankar (1857-1885), un brâhmano che ha ripudiato la sua casta e che è diventato un fervente teosofista e coautore del “Buddismo Esoterico”. Mavalandar, con Subba Rao e Mohini Mohun Chatterjee, ha anche il delicato compito di aiutare la Blavatsky a ricostruire i cosiddetti “messaggi precipitati” che le vengono recapitati nei modi più stravaganti (lei sostiene per esempio di averne trovato uno anche dentro una saponetta appena acquistata). Come “tutti” i suoi predecessori anche Mavalandar però arriva presto ad abbandonare la Blavatsky dopo aver constatato molteplici contraddizioni della presunta corrispondenza con il Maestro K.H.
Anche un altro capo teosofista, Alfred Percy Sinnett (1840-1921), sempre in “Le Monde Occulte”, farà successivamente affermazioni tali da macchiare indelebilmente la credibilità dei messaggi precipitati: <più i lettori conosceranno l’India, meno vorranno credere che le lettere di Koot Hoomi siano state scritte da un nativo dell’India>.
Il sospetto che questi messaggi precipitati siano il frutto di un’ulteriore mistificazione della Blavatsky viene confermato nel 1881, quando uno di questi viene pubblicato su “Le Monde Occulte” e si scopre essere la “copia” parziale di un articolo pubblicato il mese precedente sulla rivista spiritista “Banner of Light” e riportante un discorso del prof. Henry Kiddle di New York. Costui chiede più volte spiegazioni a Sinnett sull’accaduto, non ricevendo però alcuna risposta, ricorre alla pubblicazione della protesta generando un’ondata di dimissioni illustri nella sede londinese della Società Teosofica, inclusi il suo presidente Charles Carleton Massey, Stainton Moses, F.W. Percival e Mabel Collins. Per la cronaca anche il precedente presidente George Wyld si è ritirato l’anno prima sempre a causa dell’operato della Blavatsky e delle sue dichiarazioni pubblicate sul “Théosophist” come: <non vi è un Dio personale o impersonale>, la cui banale risposta di Wyld è stata: <se non vi è Dio, non vi possono essere degli insegnamenti Teo-sofisti>.
L’incresciosa vicenda Kiddle viene gestita interamente da Sinnett che prima prende il posto di Massey a capo della sezione londinese della Società Teosofica, poi, a distanza di tempo, pubblica sulla quarta edizione di “Le Monde Occulte” una curiosa dichiarazione del Maestro Koot Hoomi in persona che ammetterebbe così “imprudenza” nel spedire la lettera senza averla riletta additando il tutto solo alla sua “stanchezza”.
Successivamente a questo nuovo capitolo dell’interminabile telenovela di scandali generati dalla Blavatsky in tutta la sua vita, il Maestro Koot Hoomi viene a sua volta sostituito (o meglio affiancato) dall’ennesimo Mahâtmâ, cioè il già citato Morya che sostiene di aver conosciuto trent’anni prima a Londra, mentre il teosofista Leadbeater sostiene che si siano invece conosciuti qualche migliaio di anni prima nientemeno che ad “Atlantide” (sic). Come tutti i suoi predecessori Morya è citato solo per la sua iniziale negli scritti teosofisti, ma a volte anche con l’epiteto di “Generale” a lui affibbiato dalla Blavatsky e di “Illustre” secondo invece Olcott. Per i teosofisti Morya sarebbe la reincarnazione di tale Aryasanga, presunto discepolo di Buddha, e nell’empireo teosofista è tutt’ora posto alla pari di Koot Hoomi. La denominazione di “generale” non può però non richiamare anche al generale dell’Armata delle Indie, tale Morgan, che è membro illustre della Società Teosofica.
Chiuso anche questo infelice capitolo Helena Blavatsky decide quindi di ritornare in Europa (a Parigi) con pochi fedelissimi e di sbarazzarsi anche dei Coulomb, rei di non aver saputo mantenere la discrezione richiesta e di aver contribuito alla sua cattiva fama anche in India. Nello stesso momento la Blavatsky pone nel consiglio di amministrazione Saint-George Lane Fox, Franz Hartmann, Devân Bahadur Ragunath Rao, Srinivas Rao e T. Subba Rao. I Coulomb però si vendicano subito vendendo a dei missionari cristiani in India le lettere compromettenti della Blavatsky, che vengono pubblicate su un giornale di Madras.
In questo momento avviene anche una rottura parziale tra la Blavatsky e lo stesso Olcott, che lei così descrive in maniera particolarmente negativa: <il giorno che egli venne personalmente a Parigi, intromettendosi nei nostri lavori, fu una completa delusione per tutti i teosofi, che allora finirono col ritirarsi, lasciando il posto ai più novizi. Una sfrontatezza americana imperturbabile, una salute di ferro, senza la minima capacità oratoria, senza la minima istruzione, ma con speciali capacità di catalogazione (ancora un tratto americano), senza educazione, una credulità sfiorante la complicità e scusante a rigore la sua goffaggine e, devo aggiungere, una certa bontà che sarebbe piuttosto bonomia: tale è l’uomo che, attualmente, è il commesso viaggiatore del Buddismo>.
Per rimediare allo scandalo Coulomb, o meglio anche per questo, Olcott è costretto a tornare ad Adyar per tentare di salvare il salvabile. La reputazione internazionale dell’intera Società Teosofica appare a questo punto irrimediabilmente perduta, poiché la stessa Blavatsky scrive a Solovyov: <tutto è perduto, anche l’onore. Ho spedito le mie dimissioni e mi ritirerò dalla scena. Andrò in Cina o in Tibet, al diavolo, se è il caso, ove nessuno mi troverà, ne mi vedrà, ne saprà ove io sia. Sarò morta per tutti, tranne che per due o tre amici come voi e desidero che si creda che io sia morta. Allora, in un paio d’anni, se la morte mi risparmierà, riapparirò con forza rinnovata. Ciò è stato deciso ed indicato dal “generale” (Morya) stesso… L’effetto delle mie dimissioni, annunciate pubblicamente da me, sarà immenso> o ancora <ho dato le dimissioni e adesso vi è lo scompiglio più terribile. Il “generale” ha disposto tale strategia ed egli sa. Naturalmente io rimango a far parte della Società ma come semplice membro e voglio sparire per un anno o due dal campo di battaglia... Desidererei andare in Cina se il Mahâtmâ lo permette, ma non ho denaro. Se si sapesse dove sono, tutto sarebbe perduto... Il mio programma è questo: che si parli di noi quanto più misteriosamente e vagamente possibile. Che i teosofi siano attorniati da un tale mistero che lo stesso diavolo, persino con gli occhiali, sia incapace di vedere di che si tratti> (da “A modern priestess of Isis” di Solovyov). Si reca quindi a Londra per ripartire nuovamente per Adyar dove arriva nel dicembre del 1884. Nei suoi racconti dice di essere giunta a cospetto di un nuovo misterioso Maestro chiamato Hilarion (o Hillarion), anche questo però totalmente privo di riscontri storici al di fuori delle pubblicazioni teosofiste.
Ma i momenti peggiori per la Società Teosofica non sono certo passati. Comincia ora infatti un’inchiesta sulla Società Teosofica da parte della neonata Society for Psychical Reasearch di Londra, fondata nel 1882 proprio dall’ex teosofista Frederic William Henry Myers (1843-1901). Per conto della SPR Richard Hodgson si reca quindi ad Adyar nel novembre del 1884 e dopo cinque mesi di indagini emette un rapporto impietoso sulla Blavatsky: <non era la intermediaria di veggenti sconosciuti al pubblico, né una volgare avventuriera, ma che aveva conquistato il suo posto nella storia come uno dei più perfetti, dei più ingegnosi e dei più interessanti impostori, il cui nome merita di passare ai posteri> (da “Proceedings of the Society for Psychical Research” del dicembre 1885).
Per arrivare a questo giudizio è stato fondamentale il recupero della corrispondenza divulgata dai Coulomb, ma anche l’analisi delle lettere dei Mahâtmâ che Hodgson e i suoi colleghi dichiarano essere opera solo della Blavatsky e Mavalankar. A seguito di questo la SPR emette questa dura condanna sempre contro la Blavatsky: <colpevole di una macchinazione condotta per lungo tempo con altre persone allo scopo di produrre, con mezzi ordinari, una serie di apparenti meraviglie per sostenere il movimento teosofico>.
Lo scandalo conseguente diviene ancora superiore a quelli scatenati precedentemente da Home o da Kiddle o dai Coulomb e la sua ripercussione finisce non solo per decimare ulteriormente la sede londinese della Società Teosofica, ma porta anche alla rovina quella parigina. Le lettere della corrispondenza Blavatsky-Coulomb vengono successivamente pubblicate da Alfred Alexander e riconosciute come autentiche anche dall’ex capo teosofista C.C.Massey. Tutta la fenomenologia spiritica che ha sempre accompagnato la Blavatsky per tutta la sua vita cessa casualmente dopo questa condanna.
Verso la fine del 1885 Helena Blavatsky, ormai distrutta non solo nella credibilità internazionale (oggi magicamente immacolata), ma anche dal punto di vista psico-fisico, lascia definitivamente Adyar, ma allontanando dalla sede centrale della Società Teosofica anche il dr. Franz Hartmann (1838-1912), accusato da lei di essere uno dei principali artefici della sua rovina: <quest’uomo orrendo mi ha fatto più male con la sua difesa e spesso con la sua furberia, che i Coulomb con le loro franche menzogne… Un giorno mi difese in alcune lettere indirizzate a Hume e ad altri teosofi ed insinuò tali infamie che tutti i suoi corrispondenti si rivoltarono contro di me. È lui che ha cambiato da amico in nemico il dr. Hodgson, il rappresentante inviato dalla Società psichica di Londra per indagare sui fenomeni in India. È un cinico, un mentitore, astuto e vendicativo; la sua gelosia per il Maestro e la sua invidia per chiunque riceveva dal Maestro la minima attenzione sono semplicemente ripugnanti... Attualmente ho potuto sbarazzarne la Società consentendo a prenderlo con me col pretesto che è medico. La Società e Olcott per primo, ne sono così spaventati che non hanno osato espellerlo. Egli ha fatto tutto ciò con l’intenzione di dominarmi, di carpirmi tutto quello che so e di non farmi acconsentire a che Subba Rao scrivesse la Dottrina Segreta, per poterla scrivere lui stesso, sotto la mia direzione. Ma egli si è illuso fortemente. Io l’ho portato qui e gli ho detto che per adesso non scriverò la Dottrina Segreta ma che scriverò per delle riviste russe e mi sono rifiutata di insegnargli una sola parola di occultismo. Vedendo che mi ero ripromessa di mantenere il silenzio e di non insegnargli niente, alla fine è partito. Senza dubbio si metterà a diffondere delle menzogne sul mio conto in seno alla Società tedesca, ma ciò, adesso, mi è indifferente, lasciate che menta> (da una lettera di Helena Blavatsky datata “Napoli 23 maggio 1855”).
Nel 1886 la Blavatsky, in preda a momenti di collera e depressione, rilascia diverse affermazioni controverse e deliranti. Per esempio in una lettera a Solovyov scrive: <io dirò e pubblicherò sul Times ed in tutti i giornali che il “Maestro” (Morya) e il “Mahâtmâ Koot Hoomi” sono solo il prodotto della mia immaginazione, che li ho inventati io, che i fenomeni sono più o meno delle apparizioni spiritualiste, ed avrò al mio seguito 20 milioni di spiritisti>. Per poi ribadire pubblicamente l’essatto contrario, cioè che pensare che lei abbia immaginato i Mahâtmâ è invece un onore eccessivo alla sua intelligenza e <che quasi preferisce che non si creda ai Maestri> (da “La Clef de la Théosophie” della stessa Blavatsky). Alla fidata contessa Wachtmeister invece si rivolge con vittimismo: <è il “Karma” della Società Teosofica che ricade su di me. Io sono il capro espiratorio; sono destinata a sopportare tutte le colpe della Società... Oh, fenomeni maledetti, che ho solamente prodotti per compiacere dei particolari amici e per istruire quelli che mi circondavano!... La gente mi tormentava continuamente. Era sempre “Oh! Materializzate questo”... ”Fatemi sentire i campanelli astrali” e così di seguito. E dal momento che mi dispiaceva deluderli, esaudivo le loro richieste; adesso mi tocca piangerne le conseguenze>.
Franz Hartmann riuscirà comunque nel 1889, non si sa come, a far pubblicare proprio sulla rivista teosofica “Lucifer” una sua novella intitolata “L’Image parlante d’Urur”, in realtà feroce satira allegorica della Società Teosofica che ha effettivamente sede vicino ad Urur.
In questo periodo la Blavatsky comincia una sorta di relazione con il già citato Vsevolod Sergeyevich Solovyov (1849-1903), scrittore russo, che lei cerca di sedurre con le sue conoscenze occulte e con l’aiuto ormai del solo Dhabagiri Nath Bavadjî che l’accompagna in questo periodo. Quest’ultimo per altro viene colto in fallo proprio da Solovyov mentre riporta un messaggio in russo da un Mahâtmâ commettendo un grosso errore non conoscendo lui la lingua, giustificato banalmente dalla Blavatsky come “scherzo di un elementale”. Anche Bavadjî , come tutti i suoi predecessori, finisce però per screditarla con dichiarazioni tipo questa: <M.me Blavatsky, sapendo di poter conquistare Solovyov solo con l’occultismo, gli prometteva sempre di insegnarli nuovi misteri e talvolta si domandava “Ma che posso dirgli ancora? Bavadjî aiutami, trova qualcosa; io non so più cosa inventare”>.
Peccato che l’interlocutrice di queste rivelazioni, Emilie de Morsier, le fa pervenire proprio a Solovyov che le aggiunge alle sue testimonianze sull’attività della Blavatsky su cui stava portando a termine una sua personale ricerca. Pochi anni più tardi, nel 1892, comincia a pubblicare tutto questo materiale in una serie di articoli per la rivista russa “Russky Vyestnik”, che vengono poi raccolti e tradotti in inglese in “A modern priestess of Isis” da Walter Leaf nel 1895, per conto sempre della Society for Psychical Reaserch di Londra. In quest’opera fondamentale per smascherare la Società Teosofica (di cui una copia si può consultare liberamente su https://archive.org/details/amodernpriestes01britgoog), profondamente odiata un tempo e ora semplicemente ignorata dai teosofisti contemporanei, ci sono le puntuali conferme dei trucchi usati dalla Blavatsky, come l’oggetto argenteo usato per produrre il fantomatico “campanello astrale”, che nascondeva sotto lo scialle, o le buste cinesi delle presunte lettere inviate dai Maestri orientali ritrovate nuove in un cassetto della Blavatsky. Oltre all’autorevole appoggio della Society for Psychical Reaserch, questo testo si avvale anche della consulenza di Michael Petrovo-Solovovo di SanPietroburgo, anche lui ex-membro della Società Teosofica.
Adulata dalle finte lusinghe di Solovyov, Helena Blavatsky si era infine tradita definitivamente concedendogli delle amare confessioni da lui così riportate: <non è per caso che ci siamo incontrati... Olcott è utile al suo posto, ma generalmente si comporta come un asino. Quante volte si è disinteressato di me, quanti dispiaceri mi ha causato la sua incurabile stupidità! Se solo voleste venirmi in aiuto, insieme stupiremmo il mondo, avremmo tutto in mano nostra (...) Preparate il terreno affinché io possa lavorare in Russia; credevo di non potervi mai più tornare, ma adesso sarà possibile. Alcune persone fanno laggiù tutto ciò che possono, ma ora voi potrete fare di più. Scrivete di più, esaltate la Società Teosofica, stimolate l’interesse, create le lettere russe di Koot Hoomi, io vi darò tutto il necessario per far ciò (…) Che si deve fare quando, per governare degli uomini, occorre ingannarli; quando, per persuaderli a lasciarsi guidare ove volete, dovete loro promettere e mostrare dei balocchi!... Supponete che i miei libri ed il Théosophist fossero mille volte più interessanti e più seri, credete che avrei avuto il più piccolo successo, in un qualunque posto, se dietro a tutto ciò non vi fossero stati i “fenomeni”?... Sapete che, quasi immancabilmente, più un fenomeno è semplice e grossolano, più probabilità ha di riuscire?... La grande maggioranza degli individui che si considerano, e che gli altri considerano, capaci è inconcepibilmente sciocca. Se solo sapeste quanti leoni ed aquile, in tutti gli angoli del mondo, si sono trasformati in asini ad un mio fischio, e come hanno mosso le loro grandi orecchie con obbedienza al momento che forzavo la nota!> (da “A Modern priestess of Isis” di Solovyov-Leaf).
Il 16 febbraio 1886, raggiunto il suo scopo, Solovyov rassegna le sue dimissioni dalla Società Teosofica con questa motivazione: <M.me Blavatsky ha voluto approfittare del mio nome e mi ha fatto firmare e pubblicare il resoconto di un fenomeno ottenuto con la frode nel mese di aprile del 1884>.
In questo periodo la Blavatsky risiede a Wurtzbourg in Germania, dove ha alcuni amici, i coniugi Gebhard, discepoli nientemeno che di Eliphas Levi. Ciò probabilmente non è per nulla casuale poiché proprio Eliphas Levi, figura cardine dell’occultismo ottocentesco, è di gran lunga il più citato nei presunti messaggi dei Mahâtmâ.
Da qui si reca quindi ad Ostende presso la contessa Wachtmeister dedicando interamente le giornate alla compilazione della “Dottrina Segreta”, opera giudicata dallo stesso Subba Rao, incaricato di correggerla, come un “guazzabuglio inestricabile”.
All’inizio del 1887 ritorna in Inghilterra, prima a Norwood, poi a Londra, assistita dai fratelli Bertram, Archibald Keightley e D. E. Fawcett. Nello stesso anno vengono fondate le riviste teosofiste “Lucifer” a Londra (sotto la direzione della Blavatsky) e “Le Lotus” a Parigi, che si aggiungono quindi al “Théosophist”, pubblicato ad Adyar e al “Path” statunitense.
Nel 1887 anche Emilie de Morsier lascia la sezione parigina della Società Teosofica, che viene rinominata in “Isis ”, per poi essere ribattezzata nuovamente in “Hermes” sotto la direzione di Arthur Arnould, poi ancora riorganizzata nella “Le Lotus” l’8 settembre 1890 ed infine trasformata nella “Loggia Ananta” nel 1892.
Nel 1889 il massone e socialista Herbert Burrows presenta alla Blavatsky Annie Besant (1847-1933), che, suggestionata come tanti dal suo singolare magnetismo, si converte instantaneamente al teosofismo, diventa la sua segretaria personale e le succederà a breve a capo della Società Teosofica. Nello stesso anno infatti la Blavatsky, forse già indotta dalla suo precario stato di salute, rivoluziona ancora una volta la struttura della Società Teosofica ponendo Olcott a capo della “sezione esoterica per i paesi dell’Asia”, Besant, Kingsland e Burrows come “rappresentanti personali e autentici dei poteri ufficiali del presidente, per la Gran Bretagna e l’Irlanda” e William Q. Judge a capo della sezione americana.
Quest’ultima era inoltre particolarmente in crisi per l’ennesimo scandalo e la conseguente pesante scissione causata dallo storico e ornitologo Samuel Elliot Coues (1842-1889), ancora una volta in seguito alla scoperta di trucchi di illusionismo praticati dalla Blavatsky. Costui, nella sua invettiva contro la Società Teosofica, sostiene anche che gli scritti l’ “Iside Svelata” e la “Dottrina Segreta” siano ispirati direttamente dai manoscritti lasciati alla Blavatsky dal defunto Joseph Henry Louis Charles Barone Von Palm (1809-1876), che ha devoluto tutti i suoi beni, biblioteca personale inclusa, alla Società Teosofica.
Il 9 luglio 1890 vengono raggruppate anche tutte le sezioni europee e contestualmente viene fondato l’ “Inner Circle”, cioè il “cerchio interno”, con chiara ispirazione dalle dottrine neo-templari del neo-rosicrucianesimo, contrapposto al “cerchio esterno” esistente sin dal 1870, affidato inizialmente a Max Théon. Il 23 settembre 1890 la Blavatsky scrive una lettera alla sezione francese elencando i propri “nemici personali” tra cui spicca il nome di Gérard Encausse detto “Papus” (1865-1916).
Nel 1891 Helena Petrovna Hann in Blavatsky muore a Londra per una influenza all’età di 59 anni. A tal proposito sia Sinnett che Leadbeater sostengono che il suo spirito sia passato immediatamente nel corpo di un’uomo già maturo senza conoscere la morte, anche se secondo le loro stesse teorie sarebbero dovuti trascorrere almeno dodici (o quindici) secoli tra due vite successive. La sua scomparsa è comunque commemorata ancora oggi dai teosofisti nella cosiddetta “Festa del Loto Bianco”.
A partire dall’anno successivo vengono ripubblicate tutte le accuse di calunnia e impostura avanzate da Solovyov nei suoi confronti, come anche quelle del dott. Rosenbach nel capitolo “The Theosophical Cult” del suo “Modern Mysticism”, pubblicato per il “Review of of clinical and forensic psychiatry and neuropathology”.
Nel 1895 anche Olcott prende ufficialmente le distanze postume dalla scomparsa Blavatsky, cosa che in vita non ha mai osato fare essendo a lei totalmente sottomesso, per lo meno nei fatti, anche se non a parole. Così disse di lei: <in certi giorni ella si trovava in condizioni tali da negare le stesse facoltà delle quali ci aveva dato le prove, le più accuratamente controllate da noi: pretendeva allora di aver abbindolato il suo pubblico! (…) Nessuno riusciva a suggestionare meglio di lei, quando voleva; e lei lo voleva allorché desiderava coinvolgere qualcuno nella sua attività pubblica. Allora diventava dolce e carezzevole, dava ad intendere all’interessato che lo riteneva come il migliore, se non l’unico, amico… Non saprei dire se fosse leale... Noi eravamo per lei, credo, niente di più che delle pedine in una partita a scacchi, poiché non aveva amicizie sincere> (da parti “Old Diary Leaves” di Olcott pubblicate sul “Lotus Bleu”).
Con Olcott si chiude quindi il cerchio di tutti gli stretti collaboratori della Blavatsky che l’hanno diffamata personalmente, tra cui, riassumendo brevemente, ricordiamo in particolare Daniel Dunglas Home, Dayânanda Saraswatî, Damodar K. Mavalankar, Alfred Percy Sinnett, i coniugi Coulomb, Frederic William Henry Myers, Franz Hartmann, Vsevolod Sergeyevich Solovyov, Dhabagiri Nath Bavadjî, Subba Rao, Samuel Elliot Coues e Gérard Encausse. Curioso notare poi che questi scandali interni alla Società Teosofica sono stati di gran lunga più numerosi di quelli esogeni come quelli di Henry Kiddle o Richard Hodgson che però ebbero risonanza mondiale. In definitiva la Blavatsky è stata accompagnata da una serie ininterrotta di scandali per tutta la sua vita (e oltre), accuse che finchè ha potuto ha tutte puntualmente rispedito al mittente con veemenza, ovviamente sempre con buona pace della tanto acclamata “fratellanza universale” teosofista e della mitologia contemporanea che ne è derivata con buona pace della verità storica.
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